Storia

Le donne combattenti nel medioevo
Mito e Realtà


Di Enrico Longo

Il medioevo è spesso fonte di accese discussioni tra chi ,osservando pedissequamente le fonti iconografiche e storiche ufficialmente più quotate ,tende ad affermare le tesi accettate dai più ,e chi ,pur non avendo dalla sua che indizi od oscuri riferimenti tratti da poco conosciuti documenti dell’epoca, tenta di dare una lettura diversa della storia ufficiale.
Il sottoscritto pensa che la vera ricerca della realtà storica parta dall’osservazione dei particolari e dalle domande che essi provocano.
Ad esempio :
Perché i regolamenti di alcuni tra i più famosi ordini monastico militari (Templari ed Ospedalieri ) prevedevano divieti come quello di operare stupri ?
La risposta potrebbe essere insita nel fatto che gli ordini in questione prevedevano la castità.
Ma la realtà e che un divieto si impone nel momento in cui i casi di trasgressione alla regola diventano endemici ed assumono dimensioni vaste e preoccupanti. Quindi questo divieto , come altri via via inseriti nel corso della vita degli ordini in questione , divenne necessario nel momento in cui questi spiacevoli episodi divennero quasi all’ordine del giorno.
Da questa riflessione nasce una regola di osservazione della realtà : tutte le leggi che proibiscono dei comportamenti sono la prova che questi comportamenti vengono messi in essere da più individui e per un lasso di tempo ragionevolmente lungo.
Facendo questa premessa immaginate un po’ il mio stupore quando ,durante l’esame di alcuni testi riguardanti le crociate mi sono trovato dinnanzi ad una bolla promulgata da Papa Clemente III nel 1189 nella quale egli proibiva espressamente alle donne di indossare armi maschili e di combattere. Un commento a questo documento specifica che questa regola venne praticamente ignorata.
Come come ? Donne combattenti in armi maschili ? Durante le Crociate ?
Sono andato a verificare la notizia ed ho scoperto che le fonti occidentali praticamente tralasciano l’argomento relegando come al solito la donna alle cucine, al tessere ed al ruolo di crocerossina caritatevole. Pochi accenni vengono fatti su un contingente di donne ( circa trecento ) capitanate da Eleonora d’Aquitania ( madre di Riccardo Cuor di Leone) che seppure perfettamente armate ed equipaggiate ( cotta di maglia compresa ) non avrebbero preso parte ai combattimenti. Questo perché, come affermano le cronache, il loro scopo era solo quello di curare i feriti. Anzi le stesse dovettero essere salvate quando, dopo aver volutamente posto l’accampamento a grande distanza dal campo crociato (forse per evitare “eccessive attenzioni” da parte degli stessi cavalieri ) vennero attaccate dagli arabi. Le cronache riportano che si giunse appena in tempo per salvarle anche se non si poterono evitare perdite.
A questo punto la regina e le sue amazzoni sarebbero tornate in patria con buona pace di tutti.
Questo succedeva durante la seconda crociata promossa nel 1147 sotto papa Eugenio III.
I cronisti ( maschi ) occidentali deplorano e vedono con sfavore questo tipo di partecipazione e liquidano alla svelta l’argomento.
Per fortuna ci vengono in aiuto altre fonti , spesso tralasciate , come quelle bizantine e quelle della controparte araba.
Un cronista greco scrive :“V’erano fra di loro numerose donne, che cavalcavano come gli uomini, vestite con costumi mascolini, con lance e armi, spudoratamente a cavalcioni su cavalli, come gli uomini. Una per gli ori che le ornavano le vesti, spiccava tra di loro”
In questo modo viene descritta Eleonora ed il suo seguito nel momento del suo ingresso a Bisanzio.
Alla faccia delle crocerossine !
Continuando la caccia alle fonti mi sono imbattuto in alcuni cronisti arabi ed in particolar modo quelli che hanno tramandato in modo convergente e molto dettagliato le vicende dell’assedio di Acri da parte di Riccardo Cuor di Leone durante la Terza Crociata ( 1191 ).
Lo storico Bahà' ad-Din (1145-1234) ricorda con queste parole una combattente dello schieramento cristiano: "… di là dal parapetto del nemico c'era una donna vestita di un manto verde, che non cessò dal saettarci con un arco di legno, sì da ferire molti di noi, finchè fu sopraffatta e uccisa. Le fu preso l'arco, e portato al Sultano, che mostrò profonda meraviglia del fatto.Il cronista 'Imàd ad-din (1125-1201) che fu segretario di Norandino e di Saladino riferisce espressamente: "… Tra i franchi vi sono infatti delle donne cavaliere, con corazze ed elmi, vestite in abito virile, che uscivano a battaglia nel fitto della mischia, e agivano come gli uomini d'intelletto, di tenere donne che erano, ritenendo tutto ciò un'opera pia…. Il giorno della battaglia spuntò di loro più di una donna, che si modellava sui cavalieri ed aveva virile durezza nonostante la debolezza (del suo sesso) di null'altro rivestite che di cotte di maglia, non furon riconosciute", molte di queste donne soccombettero negli scontri altre, catturate, come narra il cronista "… furono scoperte e vendute come schiave"..Notizie identiche sono riportate da Ibn al-athìr (1160-1233) che ci così racconta "… (i Franchi) si raccolsero in gran numero, fino alle donne: c'era infatti con loro ad Acri un certo numero di donne, che sfidavano a singolar tenzone i cavalieri nemici…" ed ancora, parlando di alcuni cavalieri franchi uccisi e catturati nel corso di uno scontro: "… tra i prigionieri ci furono tre donne franche, che combattevano a cavallo, e catturate e tolta loro l'armatura furono riconosciute per donne".
Ed ancora in una cronaca della prima crociata condotta da Pietro l’Eremita il cronista lamenta la presenza di :"donne, pudiche e impudiche" decise a far le pellegrine in armi e in vesti maschili.
Udite Udite !
Donne in abiti maschili che combattono a cavalcioni come gli uomini con le armi degli uomini e con la cotta di maglia. Donne che combattono nella mischia abbigliate come cavalieri, che sfidano il nemico a singolar tenzone e subiscono la morte e la prigionia come i cavalieri franchi.
Domanda : come può una donna indossare elmo usbergo e camaglio e cavalcare come un uomo e combattere in mischia senza aver ricevuto un adeguato addestramento ?
E poi ancora : come può una donna del medioevo essere in possesso di un equipaggiamento che era di appannaggio quasi esclusivo della classe dei cavalieri ?
Inoltre : dove avevano trovato queste donne i soldi per questi equipaggiamenti su misura?
Infine ma non meno importante : come mai i cavalieri franchi , rigidamente esclusivisti riguardo alle proprie prerogative di appartenenza ad una classe ristretta , avevano permesso a queste donne di cavalcare alla pari in mezzo a loro? Forse perche riconoscevano loro uno status che noi ignoriamo?
Non potrebbe essere altrimenti perché i cavalieri facevano parte della classe dominante e non avevano l’abitudine di estendere a chicchessia il loro status sociale. Essere cavaliere nel medioevo significava far parte della elite, una elite che , secondo alcuni stava troppo velocemente prendendo coscienza del proprio potere e che , per questo , stava moralmente decadendo . Infatti colui che si potrebbe definire il patron dei Templari , San Bernardo di Clairvaux in un trattato non privo di forza poetica, intitolato Liber ad milites templi de laude novae militiae, traccia il profilo ideale di una nuova cavalleria fatta di monaci-guerrieri, del
tutto dimentica del mondo e integralmente votata alla causa della guerra agli infedeli e della
difesa della cristianità. La militia saeculi, ( la cavalleria laica) dice Bernardo, non è solo empia per la sua mondanità e per il suo folle darsi alle guerre fratricide tra cristiani: essa manca anche di quella virilità che si richiede al guerriero, e difatti si distingue per la cura accordata all’acconciatura dei capelli e dell’abbigliamento.
Le pagine destinate alla satira del bel cavaliere laico – e quindi alla sferzante condanna proprio di quella cultura che si andava affermando nelle corti del tempo – sono durissime: le morbide mani chiuse da guanti di
ferro, i bei profumati capelli coperti dall’elmo cesellato, la cotta di maglia di ferro lunga fino alla caviglia che ormai si cominciava a coprire (secondo un uso appreso forse in Oriente) di sontuose sopravvesti di seta colorata o trapunta, il grande scudo a mandorla ben dipinto, il cavaliere profano galoppa per prati in fiore verso la dannazione eterna. Gli si contrappone punto per punto il Templare: egli non cura i capelli, che anzi porterà rasati in segno di penitenza e per meglio calzare l’elmo; non pensa ad avere un volto liscio e levigato, e al contrario si lascia crescere una barba incolta (secondo un uso vivo in Oriente, ma allora non seguito dagli occidentali); non porta vesti colorate né armi cesellate, in quanto la regola gli prescrive esplicitamente il divieto di dorature e ornamenti; non caccia se non animali feroci, dal momento che tale esercizio - oltre che simbolo della Pugna Spiritualis, nel sapere allegorico del tempo le belve sono sovente simbolo e figura del demonio - gli è utile per la guerra; è temibile al pari di un leone per i nemici, gli infedeli, ma dolce come un
agnello per i cristiani.
Questo fa capire come nel periodo in questione la divisione in classi è estremamente rigida ed importante. Addirittura ci sono delle elìte all’interno delle elìte.
Nel nostro caso, sebbene i documenti ufficiali non forniscano risposte dirette, la realtà risulta evidente :
C’erano donne ( e non poche ) che avevano ricevuto l’addestramento specifico al combattimento pesante , che cavalcavano vestivano ed agivano in battaglia come i cavalieri europei.
Si può quindi affermare che erano cavalieri esse stesse e che tale status venisse riconosciuto dai cavalieri che le annoveravano tra le proprie fila.
Avevano ricevuto l’investitura ?
Tutto fa pensare che sia possibile , se non altro per il fatto che l’addestramento da cavaliere prevede lunghi e duri anni di apprendimento e perfezionamento.
Di certo queste donne europee erano state formate al combattimento prima della partenza per la Terrasanta ed erano quindi pronte alla pugna in qualsiasi momento.
Lo dimostra il fatto che erano perfettamente equipaggiate , con elmi usberghi e quant’altro , oggetti che in medio oriente erano di difficile se non impossibile reperibilità.
Lo dimostrano anche alcune altre storie , raccolte in tutta l’Europa del tempo.
Nelle British Cronicle del 1348 è citato un gruppo di circa quaranta , cinquanta donne , che , vestite ed armate come uomini, hanno combattuto nei più importanti tornei dell’epoca. Purtroppo non sono stati specificati nomi, luoghi e date , ma , di fatto , questo dimostra che queste signore avevano ricevuto un addestramento specifico e che avevano il titolo ( quello di cavaliere ) per poter partecipare.
A proposito del titolo è interessante notare che , pur a malincuore , i giuristi medievali riconoscono che il rango di “cavalleresse” veniva ad essere automaticamente concesso per matrimonio da tutte le mogli di cavalieri o a tutte quelle donne che , pur senza marito si trovavano ad amministrare feudi. Infatti quello di cavaliere è il rango più basso della nobiltà e , in assenza di questo , le donne in questione non avrebbero mai potuto amministrare i propri domini. Purtuttavia si specifica che questo era un titolo onorifico concesso senza gli onori del combattimento.
Questo è smentito dalla l’archeologia sperimentale che permette, attraverso la ricerca e l’incrocio delle fonti, di rinvenire diverse notizie riguardanti donne combattenti e donne condottiero in tutta l’Europa medievale.
Tanto per cominciare è accertato che tra il 1100 e sino alla fine del medio evo esistevano ordini cavallereschi femminili.
L'ORDINE DELL'ACCETTA fondato nel 1149 in Catalogna da Raimondo Berenger, conte di Barcellona per onorare le donne che avevano combattuto in difesa della città di Tortosa contro l’assedio dei Mori. Don Raimondo aveva respinto un pesante attacco da parte dei mori nella sua città ed aveva dovuto richiamare a se gli uomini delle sue terre. Il 31 dicembre dello stesso anno i mori attaccarono stringendo in assedio la città di Tortona, rimasta praticamente priva di difesa. La città chiese ovviamente aiuto al suo signore, il quale rispose con un dispaccio nel quale di “inventarsi una resistenza” fino all’arrivo dei rinforzi. Le donne, per difendere le proprie case ed i propri figli, si travestirono da uomini e riuscirono da sole a respingere l’assedio. Per sdebitarsi da ciò il conte istituì l’ordine cavalleresco garantendo alle donne che ne facevano parte diverse immunità e privilegi sociali. A questo potevano accedere solo le discendenti di quelle valorose che avevano salvato la città.
In Italia c’era l'ORDINE DELLA GLORIOSA SANTA MARIA fondato a Bologna dal nobile Loderigo D'Andalo nel 1233, riconosciuto da papa Alessandro IV nel 1261, fu il primo ordine cavalleresco religioso a riconoscere il titolo di militissae alle donne, fu soppresso da papa Sesto V nel 1558.
Nel 1441, nei paesi bassi, per iniziativa di Catherine Baw e 10 anni dopo da Elizabeth, Mary ed Isabella del casato di Hornes, furono fondati ordini aperti esclusivamente a donne di nobile nascita che ricevevano il titolo francese di Chevaliére  (Equitissa in latino). Da allora fino al 17° secolo, le cadette del monastero canonico di St. Gertrude a Nivelles, attendevano 3 anni durante i quali venivano addestrate. In seguito venivano investite cavalieri (militissae) all'altare. Un cavaliere (uomo) chiamato allo scopo toccava le loro spalle con la spada pronunciando le parole rituali.
Come se non bastasse ecco alcuni famosi esempi di donne cavaliere combattenti.
- Urraca, regina di Aragona diventò reggente di Leon e Castiglia nel 1094 succedendo al marito. Trascorse 13 anni della propria vita in guerra assieme al secondo marito. Difese i diritti di successione del proprio figlio impugnando personalmente le armi nelle battaglie. 
- Teresa di Portogallo, sorella minore di  Urraca mantenne la tradizione di famiglia combattendo in battaglia.
- la Duchessa Gaita di Lombardia, morì nel 1090 . Fu un soldato che andava in battaglia al fianco del marito, mercenario normanno,  indossando l'armatura completa.
- Matilda di Canossa, contessa di Toscana nacque nel 1046. Imparò l'uso delle armi da bambina. Andò per la prima volta in battaglia all'età di soli quindici anni nel 1061 a fianco della madre, in difesa degli interessi di papa Alessandro II. Quando suo padre, il duca Goffredo, morì assassinato nel 1069, lei fu costretta a fuggire assieme alla madre, poi divenne condottiero e tornò a vendicarlo. Guidò personalmente le truppe in guerra impugnando la spada del padre. Trascorse combattendo 30 anni della propria vita al servizio prima di papa Gregorio VIII , poi di papa Urbano contro l'imperatore germanico Enrico IV. Si sposò due volte, non ebbe figli. Si ritirò in un convento Benedettino, ma quando nel 1114 ci fu una rivolta nella vicina città di Mantova, comandò nuovamente un’armata per sedarla. Morì nel 1115.
- Alrude, contessa di Bertinoro (Forlì), impugnò le armi per sedare una rivolta ad Ancona nel 1172, prese parte a numerose battaglie.
- La regina Tamara di Georgia incoronata nel 1178 pianificava piani di battaglia, si occupava dell'armamento delle truppe e guidava gli eserciti come un moderno generale.
- Petronilla, contessa di Leicester, prese parte assieme al marito alla ribellione contro Henry II nel 1173. Secondo Jordan Fantosome “Era vestita con usbergo e portava spada e scudo”
- L'imperatrice Maud, conosciuta come Matilda combattè e vinse una lunga guerra per i diritti di successione al trono di Inghilterra e Normandia contro il cugino Stephen. Morì nel 1167.
- Jeanne de Navarre (1271-1304) era reggente di Navarre, Brie e Champagne. Sedò una rivolta ai suoi danni da parte del conte De Bar.
- Nel 1297 la contessa di Ross comandò personalmente le proprie truppe durante la battaglia di William Wallace e Andrew de Moray contro gli inglesi.
- Jeanne de Danpierre, Contessa di Montfort (1300-1374) Durante la difesa di Hennebont (nella quale ebbe la sfortuna di essere attaccata dai nemici suoi e di suo marito), indossò un’armatura, cavalcò un cavallo da guerra e pianificò la difesa del castello osservando il nemico dalle mura, mobilitò i cittadini per difendere le mura utilizzando proiettili di fortuna. Irruppe fuori dalle mura alla testa di 300 cavalieri durante l’assalto alle mura da parte dei francesi, trovò la strada per Brest. Tornò più tardi con altri 600 uomini di rinforzo alla città. Più tardi nello stesso anno, si racconta che avesse preso parte ad una battaglia sul mare di Guernsey: indossando un’armatura, al comando della sua nave impugnando la spada. Salmonsson, nella sua “Enciclopedia delle Amazzoni” racconta “dimostrò un’incredibile valore; in armatura completa, stava di fronte alla falla, sostenendo gli assalti più violenti, e dimostrando abilità che avrebbero fatto onore al più esperto dei generali” senza dire dove le aveva imparate.
- Marzia degli Ubaldini in Ordelaffi da Forlì nipote di Maghinardo Pagani, si fece onore in battaglia guidando l'ultima resistenza della rocca di Cesena contro le truppe papaline del cardinale Albornoz (1357).
- Agnes Hotot (1378 - ?) Sullo stemma del casato di Dudley è raffigurata una donna in elmo da guerra, con i capelli sciolti. E’ la commemorazione di un campione… donna. Nel quattordicesimo secolo, il padre di Agnes Hotot, del casato di Dudley, aveva litigato con un altro uomo ed aveva acconsentito ad un duello di lancia per dirimere la questione. All’ora fissata per il duello, il padre di Agnes ferito dal precedente scontro, cadde seriamente ammalato. Per vendicarlo Agnes si mise un elmo, e celò la propria femminilità, montò il cavallo di suo padre ed andò al campo del torneo. Al termine di un duro scontro Agnes disarcionò il contendente. Quando lui fu a terra, lei si tolse l’elmo, sciolse i lunghi capelli e si scoprì il seno, così che lui sapesse che era stato battuto da una donna.
- Isabella d’Inghilterra (a.d. 1285-1313) figlia di Philippe le Bel di Francia, moglie di Edward II d’inghilterra. Impugnò le armi contro il marito ed i suoi seguaci. Quando Edward III salì al trono, la obbligò a fuggire in Scozia dove, durante la guerra di indipendenza, comandava una truppa di difesa del confine composta da donne “spiritate” tra queste erano anche le due sorelle di Nigel e Robert Bruce (Lady Bruce and Isabel, contessa di Buchan). Contro tale truppa di nobildonne Edward emise un editto ufficiale. Né catturò alcune imprigionandole. Isabella fu obbligata a ritirarsi a vita in un convento finché non tentò di conquistarlo.
- Isabella di Castiglia Durante una lunga guerra per la difesa dei propri diritti al trono, Isabella indossò l'armatura e combatté con le proprie armi in campo, pianificò strategie ed organizzò campi ospedalieri. Il suo valore militare fu dimostrato quando nel 1475, nonostante ferita, portò il suo esercito alla vittoria a Toledo.
Ma non ci sono solo storie di nobildonne e cavaliere ad allungare l’elenco delle donne combattenti. E’ provata l’esistenza di donne comuni che , per necessità o mestiere, hanno indossato l’armatura e preso parte alle mischie insieme ai loro “ colleghi uomini “.
La prima fonte che voglio citare è un famoso poeta italiano : Francesco Petrarca.
Da una lettera del Petrarca al cardinale Francesco Colonna .
23 Novembre 1343:
Di tutte le meraviglie di Dio, ‘che sole son meraviglie’, nulla fece sulla terra di più meraviglioso dell’uomo. Di tutto ciò che vidi oggi, e di cui vi riferisco in questo rapporto, il fatto più rilevante riguarda una meravigliosa donna di Pozzuoli, forte nel corpo e nell’anima. Il suo merito più grande è senz’altro nel fatto che si sia mantenuta vergine pur vivendo a stretto contatto con uomini d’arme; si dice anzi che i soldati evitassero di assaltarla anche solo per scherzo, trattenuti dal timore di lei più che dal rispetto che si deve ad una donna. Infatti Maria si veste da guerriero e non da fanciulla; ha una forza paragonabile a quella di un veterano; non si occupa di tele, di aghi, di specchi, ma di frecce, di archi e di lance: sul suo volto non ha i segni di amorosi baci o dei denti lascivi di amatori, ma di ferite conseguite in battaglia; valorosamente disprezza la morte. Coi suoi vicini è in guerra da anni, una guerra che ha già fatto molti morti da entrambe le parti. Ha combattuto spesso da sola o in compagnia di pochi altri, ma per ora è sempre uscita vincitrice da ogni scontro. Si scaglia furiosa nella mischia della battaglia, parte alla carica, assalta il nemico con coraggio, con astuzia prepara le imboscate. Sopporta con incredibile pazienza la fame, la sete, il freddo e il caldo, il sonno e la stanchezza. Giorno e notte, instancabile, veste l’armatura e riposa le sue membra sul letto o sullo scudo come fossero un letto. Per quelle continue fatiche in poco tempo mutò il suo aspetto. Io l’avevo incontrata anni prima ancora fanciulla ma oggi, quando si è fatta innanzi e mi ha salutato, bardata da guerra e al comando di un manipolo di soldati, ne sono rimasto sbalordito. Poi sotto quell’elmo ho riconosciuto la sua femminilità”.
Ed ancora appare nell'annuario Reale militare inglese, una chiamata alle armi nel 1457. Tra i 174 nomi di coloro che vengono richiamati 5 (il 2,9%) sono donne. Alis Hammel ha il proprio giaco, spada, boccoliere, arco e frecce. Alis Gare ha un arco e una corazza di piastre. "Condefer wife" ha arco, frecce, spada e scudo. Margareth Athyn e Sally Pens non hanno equipaggiamento elencato, come oltre il 39% degli altri componenti la lista. 
Ci sono molte altre cronache e notizie del genere e , francamente, riportarle tutte va oltre la volontà dello scrivente.
Infine c’è quella che considero la ciliegina sulla torta. Recentemente è venuto alla luce un codice che è considerato il più antico trattato di scherma medievale sin ora rinvenuto. Si compone di alcune tavole che illustrano con dovizia di particolari varie tecniche di scherma con il boccoliere (piccolo scudo tondo di metallo). Il codice è stato ribattezzato I – 33 e risale alla fine del 1200 e si presume essere stato commissionato dall’ arcivescovo di Wurtzburg . L’autore è un monaco esperto in scherma occidentale ( si pensa ad un cavaliere in pensione dedito all’insegnamento della scherma ai giovani nobili ) e si fa ritrarre nell’atto di combattere contro un chierico che lo aiuta nel difficile compito di illustrare i vari attacchi e le relative parate. Ad un certo punto del trattato la figura del monaco viene sostituita da quella di … una donna. Alcune tavole infatti illustrano i combattimenti tra una donna ed il chierico divenendo così la prova evidente ed inconfutabile che anche le donne venivano addestrate al combattimento. Alla donna viene anche attribuito un nome : “ Wilpurgis “ , antico nome tedesco che in epoca medievale era diffuso anche in Italia con alcune varianti ( Valpurga ,Balpurga etc. ).Le tavole riprodotte in questa relazione appartengono proprio a questo codice.
Mi sento quindi di affermare che :
Durante il medioevo le donne hanno avuto una parte attiva nelle guerre sia come cavalleria che come fanteria , adottando lo stesso armamento degli uomini e distinguendosi in più occasioni”.
Questo alla faccia del pensiero comune che vede la donna medievale intenta a fare la calza , magari con indosso la cintura di castità , in attesa del ritorno del marito. E a tutti quelli a cui questa mia affermazione sembrerà quasi un sacrilegio vorrei citare un episodio che dimostra che la realtà va oltre quello che qualcuno vorrebbe farci credere.
Il paradosso del Duplex drive.
Durante un concorso internazionale di modellismo statico tenutosi nel 2003, i giudici dei vari modelli ( tutti eminenti e saggi detentori della verità ufficiale sui fatti della seconda guerra mondiale ) decretarono che un modellino ( un carro americano Sherman Duplex Drive ) non era storicamente attendibile e gli negarono la vittoria. Questo perché il modello era ambientato durante lo sbarco degli alleati a Salerno, nel 1943. Lo sherman Duplex Drive era invece stato costruito espressamente per lo sbarco in Normandia ed usato per la prima volta nel maggio del ’44. Dopo aver consultato svariati testi specifici sull’argomento, il modellista penalizzato dovette ammettere il suo errore ed il tutto si risolse nel migliore dei modi…almeno sino al 2004.
In quell’anno infatti un peschereccio incagliò le reti in un relitto nel golfo di Salerno. Quando questo venne recuperato ed esaminato risultò essere… uno Sherman Duplex Drive. Le verifiche storiche portarono alla luce documenti inediti che facevano risalire l’utilizzo del sunnominato carro proprio durante lo sbarco del ’43. Quindi la storia venne riscritta ed il modellista penalizzato si ritrovò… ad avere ragione.
Morale della favola : se questo può accadere per la storia ultra documentata della II guerra mondiale pensate a quanto non conosciamo di un mondo lontano da noi sette – ottocento anni e per di più con pochi e lacunosi ( e tendenziosi ) documenti ufficiali!

Meditate gente … Meditate.


Enrico Longo

Frangar non Flectar





Bibliografia
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LA CAVALLERIA MEDIOEVALE di Bernard Marillier - Edizioni L'Età dell'Acquario - 2005 - pag. 97. La città di Beauvais sorge a 74 km da Parigi, ai confini con la Piccardia. Carlo il Temerario, in lotta con Luigi XI assediò la città tra il 27 giugno e 22 luglio 1472 vedi ENCICLOPEDIA RIZZOLI LAROUSSE - Rizzoli Editore - Milano - 1966 - Vol. II - pag. 398.
RAPINE, ASSEDI E BATTAGLIE. LA GUERRA NEL MEDIOEVO di Aldo A.Settia - Editori Laterza - 2002 - pag.277-278
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RAPINE, ASSEDI E BATTAGLIE. LA GUERRA NEL MEDIOEVO di Aldo A.Settia - Editori Laterza - 2002 - pag. 128
Traduzione della Historia Fratris Dulcini Heresiarche del c.d. Anonimo Sincrono riportata in LA CROCE E IL ROGO di Edgardo Sogno - Mursia - 1974 - pag. 97 e 147
CROCIATI di Johannes Lehmann tradotto da Gianni Pilone Colombo - Garzanti Editore - 1983 - pag. 35
STORICI ARABI DELLE CROCIATE a cura di Francesco Gabrieli - EINAUDI TASCABILI - Torino - 2002 - pag 212.
RICCARDO CUOR DI LEONE di Régine Pernoud - Fabbri Editore - 2001 - pag. 149 (Collana Le Grandi Biografie Medioevo e Rinascimento).
STORICI ARABI DELLE CROCIATE a cura di Francesco Gabrieli - pag. 202
STORICI ARABI DELLE CROCIATE a cura di Francesco Gabrieli - pag. 179
STORICI ARABI DELLE CROCIATE a cura di Francesco Gabrieli - pag. 185
I CROCIATI di Johannes Lehmann tradotto da Gianni Pilone Colombo - Garzanti Editore - 1983 - pag. 84
La Chanson de Jerusalem LE CROCIATE - TESTI STORICI E POETICI a cura di Gioia Zaganelli - I Meridiani - Arnoldo Mondadori Editore - 2004 - .
LA CAVALLERIA MEDIOEVALE di Bernard Marillier - Edizioni L'Età dell'Acquario - 2005 - pag. 96.
GESTA REGUM ANGLORUM (1135) di Guglielmo di Malmesbury - Edizioni Studio Tesi - 1992 - pag. 363. Grazie al sostegno della Contessa Matilde papa Urbano II beneficiò di un periodo di tranquillità nei suoi rapporti con l'imperatore. Analogamente lo stesso autore ricorda la figura della regina inglese Sexburga: "...né alla donna mancava lo spirito per assumersi i compiti del governo: metteva in piedi nuovi eserciti, teneva nell'obbedienza i vecchi, governava con clemenza i sudditi, usava un cipiglio minaccioso verso i nemici, insomma faceva tutto in modo tale che non la si poteva distinguere in nulla da un uomo, se non per il sesso" - GESTA REGUM ANGLORUM - pag. 39
Barber, Richard & Barker, Juliet, Tournaments: Jousts, Chivalry & Pageants in the Middle Ages, Weidenfeld & Nicolson, 1989
Beaumont, Edouard, The Sword and Womankind, The Panurge Press, NY, 1929
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